Tuesday, December 04, 2007

la battaglia e la felicità

"La malattia non porta via le emozioni, i sentimenti, e fa anzi capire che "l'essere" conta più del "fare". Può sembrare paradossale, ma un corpo nudo, spogliato della sua esuberanza, mortificato nella sua esteriorità, fa brillare maggiormente l'anima" Mario Melazzini da Un medico, un malato, un uomo. Come la malattia che mi uccide mi ha insegnato a vivere.

6 Comments:

At 2:58 AM , Blogger zefirina said...

spero di aver questa forza qui in caso di malattia, devo dire che se hai a che fare con qualcuno a te caro che sta male, molto è difficile pensare questo però, vivi in uno stato di ottundimento continuo

 
At 3:05 AM , Anonymous Anonymous said...

Grazie Roby... leggo solo ora queste parole, e no so se sia l'effetto della domenica mattina, ma mi hanno colpito molto... ora so quale sarà il mio prossimo libro da leggere...
Forse non con questa poesia, ma spesso a lavoro è capitato anche a me di vedere nella malattia una sorta di fulgore di dignità e bellezza dell'anima del malato... Altre volte invece capita tutto il contario, come se alcune persone, incredibilmente attacate alla vita ed alla loro perduta integrità fisica, maledicessero tutto il resto per quella che loro considerano un'ingiustizia...

 
At 7:50 AM , Blogger artemisia said...

Leggo solo ora questo post.
Mario Melazzini è amico di una persona a me carissima. L'ultima volta che ho parlato di lui e della sua malattia l'ho fatto in circostanze molto speciali.
Non per fare del biografismo, ma il tuo post mi ha molto colpita, per tutta una serie di motivi che sarebbe lungo, e poco attinente al luogo, elencare.

Quello che mi preme dire è questo: la malattia, e la sofferenza, DI PER SÈ non rendono migliori. La sofferenza non purifica e non nobilita. La sofferenza non ha senso. Siamo NOI a poterglielo dare, solo noi. Allora, se ci riusciamo, la malattia e la sofferenza POSSONO aprire la via a una consapevolezza più profonda del vivere e del morire.

Melazzini è una grande persona, e merita uno spazio almeno tanto ampio quanto quello che avrebbe meritato Welby.

 
At 8:09 AM , Blogger vesuvio said...

avete detto cose bellissime e molto vere. per chi ne ha fatto esperienza grande o piccola, per chi lo prova ogni giorno o ha la fortuna di ricordarlo solo da lontano il dolore nn è unico e univoco, la forza nn arriva sempre, la comprensione nn e' un passo obbligato per la guarigione ma chi, come l'autore del libro, fa dei passi cosi' grandi merita di essere ammirato come un modello di persona nn di malato o di medico o di paziente. sarebbe bello se questo libro lo leggessero tutti quelli che pensano ancora alla malattia come un segno di giustizia o di ingiustizia divina e tutti coloro che parlano di meritare o nn meritare la sofferenza. sarebbe bello!

 
At 11:35 PM , Blogger Giovanna Alborino said...

un uomo da ammirare...
ma non e' sempre facile affrontare una malattia...
anche lui si allontano' da tutti...per fortuna che si e' ripreso..
ne ho parlato anche io sul mio blog
un saluto

 
At 6:38 AM , Blogger Claudia said...

le impressioni di cui ha parlato Arte rigiravano anche nel mio cervello e ponevano molti dubbi.
Il dolore fisico è solo dolore fisico. Il senso lo diamo o non lo diamo noi, il fine è soggettivo.
Io appoggio su tutti i fronti la medicina del dolore e appoggio oppiacei e quant'altro se alleviano dolori non voluti e non sopportati.

 

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